#ChiediamoloA Disordine degli Architetti: amore e indipendenza nel progettare

#ChiediamoloA Disordine degli Architetti: amore e indipendenza nel progettare

Ho conosciuto Eugenio Cappetti e Chiara Giolito tramite un video. Sai quando navighi su internet e trovi video simpatici, divertenti ed interessanti? Si trattava di una call per un concorso di architettura fuori dagli schemi, organizzato dall’associazione Disordine degli Architetti. Il video è questo qui sotto e  a seguire c’è l’intervista che ho fatto ai due fondatori!

Partiamo subito dalla domanda che chiunque arrivi sul vostro sito, si pone: come vi è venuto in mente di fondare un’associazione con questo nome… un po’ irriverente?

Irriverente? Piuttosto diremmo naturale. Il Disordine è la condizione necessaria affinché si possa percepire un ordine delle cose. Non si tratta di una polemica, ma di una presa di coscienza: attraverso il Disordine degli Architetti proviamo quotidianamente a comunicare l’amore e la sofferenza che caratterizzano il fare architettura, l’aspetto più umano, in qualche modo non istituzionale e formale.

Quali sono le riflessioni principali che volete suscitare con la vostra associazione?

Fare architettura al giorno d’oggi sembra un compito da “supereroi diseredati dalla sorte”. Un architetto ha tutti gli strumenti intellettuali per modificare la realtà che lo circonda. In un certo senso l’immagine del futuro è nelle matite (e tastiere) degli architetti di oggi e di ieri. Vedere il mondo con gli occhi di un architetto è complicato… Si notano continue assonanze ed imperfezioni, s’immaginano modifiche e variazioni e spesso ci si trova a convivere con la frustrazione più lancinante. La cultura del progetto e della visione sono le fondamenta del progresso sociale. La capacità d’immaginare non è esclusiva della nostra categoria, ma solo un architetto possiede un’immaginazione onirica ed al contempo costruttiva. Con il Disordine degli Architetti proviamo a mettere in luce la nostra esperienza quotidiana, la nostra fantasia ed a volte anche il nostro disagio, senza prenderci nemmeno troppo sul serio.

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Eugenio e Chiara, i fondatori di Disordine degli architetti e ideatori del concorso.
Trovate che l’Ordine degli architetti sia in qualche modo elitario e discriminante?

Se per elitario e discriminante s’intende il fatto che l’Ordine sia costituito da soli Architetti, riteniamo che in qualche modo questo sia naturale, poiché questo ente svolge a tutti gli effetti un ruolo istituzionale. Noi siamo Architetti regolarmente iscritti ed usufruiamo, come tutti i nostri colleghi, della formazione obbligatoria come da normativa. Il Disordine degli Architetti è un’altra cosa: chiunque può associarsi, basta andare sul nostro sito. Non siamo legati al mero svolgimento della professione, ma semplicemente dall’amore per l’architettura.

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La simpatica locandina del concorso.
Quest’anno avete lanciato un concorso, che attraversa l’Italia e il 2018, tra Genova, Roma, Pisa e Milano e che si chiama ArchIndependence Day. Come mai queste città e questo nome?

Il 2018 è l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale, perciò abbiamo pensato che sarebbe stata l’occasione perfetta per dare la possibilità ai progettisti di poter ridisegnare i luoghi simbolo della Cultura Italiana.
Il nome si riferisce alla necessità per gli architetti di potersi confrontare liberamente con la propria natura di “trasformatori”. Vogliamo che la capacità visionaria di ogni concorrente possa esprimersi nella quasi totale libertà ed indipendenza. Indipendenza, però, non si deve intendere come sinonimo di anarchia, piuttosto di consapevole sensibilità, libera da vincoli normativi, costruttivi e culturali. Infatti chiediamo ai nostri concorrenti la produzione di un cortometraggio, nel quale dovranno essere spiegate e chiarite le scelte progettuali che hanno condotto all’ideazione del nuovo monumento/simbolo.

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La città di Roma.
Quali sono le riflessioni più importanti a cui siete giunti o a cui volete giungere, parlando di approccio alla progettazione tra nuovo e antico?

Se partiamo dal concetto che l’evoluzione non dipende esclusivamente dalla competizione possiamo capire quale potrebbe essere il rapporto auspicabile tra nuovo ed antico. In che modo possiamo confrontarci con il passato?
Il tema è decisamente complesso e si focalizza sul concetto di collaborazione. Collaborare con il passato è decisamente più difficile, se continuiamo a percepirlo come una stratificazione di eventi che ci ha condotto ad oggi. Sarà interessante vedere le soluzioni formali e progettuali che scaturiranno da archINDEPENDENCEday, che possiamo definire come un esperimento architettonico, invece di un concorso.

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La città di Milano.
Ed infine, la domanda delle domande: cos’è per voi l’architettura?

La verità è che l’architettura può annoiare e divertire al tempo stesso. E’ la nostra vita e la nostra natura, il motivo per il quale ci alziamo presto ogni mattina dal letto, ma che ci fa andare a dormire tardi ogni sera. E’ un sentiero maledetto come il blues, una musica che tutti comprendono, ma che in pochi sanno suonare.

Ti interessa partecipare al concorso? Qui trovi tutte le informazioni:

archINDIPENDENCEday

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